Metodi Creativi – Come scrivere un buon finale?

da | Ott 23, 2024 | Consigli di scrittura

La scrittura parte dalle idee, ma come in ogni arte serve anche un metodo. In questa serie di articoli, descriviamo alcuni metodi creativi per affrontare le difficoltà della scrittura.

La scrittura, si sa, è fatta di ostacoli. Il primo fra tutti, che poi è ironicamente anche ciò che ci spinge a scrivere e raccontare, è l’inizio, poiché sappiamo tutti che iniziare non è facile, e ne parliamo anche in questo articolo. Ma quando si ingrana la creatività inizia a fluire, il ghiaccio si scioglie e ci tuffiamo davvero nella storia che abbiamo in testa, seguendo i personaggi che si destreggiano evento dopo evento. La trama procede, le parole si accumulano, eppure dentro di noi si gonfia un sentimento di inquietudine, che prima o poi si concretizza nella domanda: come finisce questa storia?

Avere un finale è uno degli ostacoli più grandi anche per gli scrittori più esperti. Basti pensare all’esempio notevole di George R. R. Martin, la cui saga delle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco non vedrà mai la fine nonostante trent’anni di lavoro. Avere un finale soddisfacente è ancora più arduo, e molti scrittori odierni non riescono a mantenere le aspettative che creano con le loro storie.

Cerchiamo di capire cosa rende difficile questa fase e come potete superare le difficoltà che il vostro romanzo o racconto vi sta dando.

Finale o Epilogo?

Facciamo subito una doverosa distinzione: queste due non sono la stessa cosa.

L’epilogo è l’ultima scena dell’opera, quella che chiude il romanzo e precede la parola FINE. Deve essere fondamentalmente superflua, nel senso che se rimossa la storia ha comunque una conclusione, e serve a dare uno scorcio di come la vita dei personaggi o dei luoghi nella storia prosegue dopo gli eventi narrati. Può essere cronologicamente ambientata poco dopo la fine, ad anni di distanza o anche vari secoli dopo; l’importante è che sia distinta dalla trama in sé.

Il finale, invece, è parte integrante della storia e non può essere rimosso; la storia è incompleta senza di esso. Si possono avere finali aperti, pur con la dovuta attenzione nel chiudere tutti i fili di trama esplorati durante la storia. Immaginate i finali aperti come “aperti a interpretazione”, non come incompiuti. Alcuni finali possono essere ciclici: la storia temina com’è iniziata, e anche in questo caso la loro presenza è fondamentale.

Perché il finale è difficile?

Una tecnica molto comune per costruire la trama, soprattutto per i principianti, è seguire le scelte dei personaggi lungo il loro viaggio; chiedersi ripetutamente “e poi, cosa succede?” e procedere alla prossima scena. I più attenti di voi avranno già notato che questo è un ottimo metodo per continuare a scrivere, ma di per sé non fornisce alcun limite o indicazione su “quando fermarsi”; seguirlo pedissequamente significa seguire la vita dei vostri personaggi fino al termine delle loro vite, uno sforzo immane da realizzare e potenzialmente non interessante da leggere (nonostante le eccezioni, come ad esempio Il Curioso Caso di Benjamin Button).

C’è anche da considerare la questione emotiva: molto spesso noi scrittori non vogliamo abbandonare i nostri personaggi e costruire una fine significherebbe consegnarli al cassetto del passato indefinitamente. Separarsi dai propri compagni dopo anni di avventure fantastiche non è facile per nessuno.

Fili di Trama e Archi dei Personaggi

Il modo più semplice per assicurarsi che il finale sia soddisfacente è chiudere tutti i fili di trama e gli archi dei personaggi. Concedetemi una piccola parentesi su cosa significa “chiudere” e, prima ancora, “aprire” un filo di trama.

“Aprire un filo di trama” significa gettare le basi per una storia, generalmente con un problema da risolvere, una minaccia da affrontare o una mancanza da colmare. Pensate ad esempio Gandalf che dice a Frodo di distruggere l’Unico Anello: è un evento che non può essere ignorato e mette in moto tutta la narrazione.

Al contrario, “chiudere un filo di trama” significa risolvere il problema iniziale, scampare la minaccia o appagare la mancanza che ha aperto quel filo di trama. Seguendo l’esempio tolkeniano, la trama si chiude quando Frodo riesce a gettare l’Unico Anello nel Monte Fato.

Ovviamente, non tutte le storie sono così semplici e lineari; molte narrazioni coinvolgono più fili di trama in parallelo, il che rende la scrittura del finale più complessa: più archi narrativi sono in corso, e più è alto il rischio di concludere la storia senza averne chiusi alcuni propriamente. L’esempio perfetto è la serie TV Arcane di Fortiche: provate a contare quanti fili di trama coesistono!

In questo si inseriscono anche gli archi dei personaggi, ovvero la loro crescita e trasformazione (o decrescita e degenerazione!) come conseguenza degli eventi e delle scelte avvenute durante la trama. Non tutti i personaggi devono necessariamente avere un arco narrativo; alcuni possono essere statici e non cambiare mai, ma è sempre appagante se ottengono o imparano qualcosa nel corso della narrazione. Un buon finale chiude ogni arco narrativo introdotto, anche per i personaggi secondari: tutti hanno raggiunto il proprio obiettivo, oppure non l’hanno raggiunto ma hanno accettato la sconfitta.

E le tematiche?

Questo è un livello più profondo che suggerisco a chi di voi ha già dimestichezza nel completare un’opera e a chi ha già provato a scrivere testi che, oltre ai personaggi, si concentrino su un tema o un concetto.

Nella mia esperienza, anche le tematiche hanno il loro arco narrativo. Questo viene presentato attraverso gli eventi della trama e le opinioni dei personaggi, all’inizio come dilemma o risposta superficiale a un conflitto, ma che man mano si approfondisce e diventa più sfaccettato, più complesso e più arduo per i personaggi da affrontare o interiorizzare.

Prendiamo come esempio I Reietti dell’Altro Pianeta di Ursula Le Guin. All’inizio del suo viaggio, il protagonista Shevek è in dubbio sul sistema anarchico di Anarres, e spera di trovare lidi migliori sul pianeta gemello Urras. Capitolo dopo capitolo, Shevek osserva le idiosincrasie e gli abusi dell’ipercapitalismo urrasiano e vi intreccia i ricordi dolceamari di Anarres, della moglie tanto amata e del duro lavoro nel deserto. Maturata la sua esperienza, Shevek decide di lasciare Urras e tornare su Anarres e accetta l’utopia imperfetta che lo aveva costretto ad abbandonare casa.

Questo esempio ha una forte tematica politica, ma ve ne sono molti altri con tematiche più personali come il perdono, la violenza, l’amore fraterno, la solidarietà e così via. In tutti i casi il finale costituisce il punto cardine, il cuore pulsante della riflessione dell’autore sul tema; vi accorgerete se il finale non è soddisfacente dal fatto che la risposta alla domanda tematica centrale non è abbastanza chiara.

Un altro avvertimento è che spesso un finale non ben orchestrato può capovolgere il messaggio dell’opera. Permettetemi un altro esempio per mettere in luce questa dinamica, ora senza riferimenti letterari.

Il protagonista della vostra storia inizia come egoista, gretto e meschino, mai disposto ad aiutare il prossimo e sempre pronto a voltare le spalle. Eppure ha un obiettivo nobile: diventare Gran Cavaliere in patria, ruolo che l’Ordine riserva solo ai più puri d’animo. Egli allora si adopera per raggiungere tale obiettivo: viaggia, consulta saggi, medita, si sacrifica per il prossimo. Di ritorno in patria, dopo dieci anni, si presenta alla corte per chiedere l’investitura. Davanti a voi si apre un bivio:

  • L’Ordine gli concede il ruolo, onorando la grande impresa personale – La tematica è il sacrificio e il miglioramento personale, la volontà di cambiare per un bene più grande.
  • L’Ordine gli nega il ruolo, a causa dei misfatti compiuti in gioventù – La tematica viene capovolta: diventa una condanna a chi cerca di cambiare la propria natura e a chi compie qualsiasi tipo di errori.
  • L’Ordine gli nega il ruolo, ma il protagonista scopre che negli anni è stato corrotto e deve affrontarlo da solo – La tematica si capovolge ancora e diventa una ricerca del significato purezza d’animo, e di chi sia l’onere della decisione.

Come vedete, piccoli cambiamenti possono alterare totalmente il significato finale dell’opera. Un buon modo per evitare queste fluttuazioni è decidere in anticipo quale vuole essere il punto finale della tematica, e poi chiudere gli archi dei personaggi e i fili di trama in modo da giungere a quella conclusione.


Ora che abbiamo buttato giù un po’ di idee su come aiutarvi a realizzare il vostro finale, è il momento di chiedervi: qual è stato il libro col peggior finale, quello più deludente o frustrante, e perché? Scrivetecelo nei commenti!

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Clockwork

Fisico teorico fallito che prova a scrivere e insegnare. Sinistroverso, controverso e... mi sono perso.

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