Chi segue il nostro collettivo sa che sin dall’inizio abbiamo avuto un occhio di riguardo per i nuovi generi, e tra questi il solarpunk. Per chi non è avvezzo a questa branca della fantascienza, basti immaginare una variante del cyberpunk il cui scopo è non di mettere in guardia dagli scenari peggiori del capitalismo, dell’accumulazione di ricchezza e del divario tecnologico, ma di immaginare un futuro positivo in cui queste differenze vengono eliminate.
In quanto genere giovane, il solarpunk ha ancora poche testate editoriali disposte a prendersi il rischio di pubblicazioni importanti o su larga scala. Uno dei tentativi notevoli è quello del sito di informazione americano Grist.org, il quale ogni anno indice un concorso di racconti di narrativa climatica intitolato Imagine 2200. In pochi anni è diventato il punto di riferimento per gli autori di questo genere, e all’edizione di quest’anno sono stati inviati più di 1200 racconti.
Il mese scorso sono stati annunciati i dodici vincitori del concorso, che potete leggere (in lingua inglese) a questo link. In quanto appassionato del genere e delle sue potenzialità, ho provato a leggere l’antologia per cercare ispirazione e ho deciso di condividere con voi le impressioni che ogni racconto mi ha suscitato.
12 – We Cast Our Eyes to the Unknowable Now
Recensione: Molto, molto scarna. I dettagli solarpunk sono pochi e tutti buttati lì senza approfondimento, spesso spiegati dai personaggi al lettore; nessuno compie scelte e alcuni elementi interessanti (la sorellina ha l’asma, il burrone da riparare) non vengono esplorati. Buona prosa, titolo ingannevole.
11 – To Rescue a Self
Recensione: Racconto costruito notevolmente meglio del precedente, ma anche questo mi ha deluso abbastanza, soprattutto perché mi aspettavo di più da un’autrice nigeriana e volevo vedere nagoli di realtà meno occidentalizzata, più unicamente africana. Non c’era molto di futuristico nonostante fosse il 2100 (investigare Big Oil è una roba da 2010 semmai; Saro Wiwa è morto nel 1995), gli amici super specializzati erano lì solo per fare battutine e gli elementi tecnologici non erano nulla di originale. Dal titolo mi aspettavo una storia introspettiva che andava a fondo di un trauma, e invece era praticamente un depliant turistico per un parco naturale.
10 – This View From Here
Recensione: Bei dialoghi, ma non c’era nulla di solarpunk. Nulla di tecnologico che fosse rilevante per la storia (la bici era elettrica, viene menzionato un dispositivo VR una volta), gli eventi estremi sono tutti ipotetici o lontani e in generale è un semplicissimo dramma familiare che poteva essere ambientato negli anni 90, sicuramente non nel 2200. Il titolo stavolta non mi ha ingannato perché era terribile.
9 – The Ones Left Behind
Recensione: L’inizio mi era sembrato un altro dramma familiare con la MC che ricorda la nonna, invece sono contento che l’autrice abbia provato a impostare un problema infrastrutturale. Purtroppo era di portata ridotta (tubature otturate che la città di New York non ha nessuno per riparare?) e certamente non un problema da 2200 ma da 1800. Comunque ben scritta, con ottime descrizioni culinarie e bei dialoghi; titolo che ancora una volta non c’entra nulla, twist romantico finale non necessario.
8 – The Isle of Beautiful Waters
Recensione: È stato un racconto molto difficile da leggere; ci sono molti termini caraibici che non ho trovato neanche su internet e gli accenti hanno reso i dialoghi veramente ostici. La prosa è molto ripetitiva, gli eventi sono un elenco di azioni e non ho capito affatto la divisione in capitoletti. Nessuna traccia di tecnologie da ventitreesimo secolo, e anche il finale è molto criptico.
7 – Tangles in the Weave
Recensione: Racconto molto onirico e personale. Forse c’era un’allegoria di genere ma o era veramente superficiale o non credo di averla colta. Mi è parso più vicino al genere fantasy, e gli elementi solarpunk erano troppo pochi per giustificarne la presenza in questa classifica.
6 – Plantains in Heaven
Una dei personaggi chiede dei semi di banana verde, pianta legata al suo retaggio nigeriano, per rendere felice la nonna. Il protagonista accetta, alla condizione che l’aiuterà a coltivare le piante nel modo giusto. Mesi dopo i protagonisti iniziano a piantare le banane verdi negli edifici abbandonati e sommersi. Gli ispettori di sicurezza stanno per beccarli durante un controllo, ma i protagonisti riescono a sfuggirgli. L’edificio viene dichiarato a rischio strutturale entro i prossimi dodici mesi, ma i protagonisti decidono di continuare a crescere le banane lì.
Recensione: La prosa piuttosto ostica, la banalità degli eventi e i repentini flashback a interrompere i dialoghi mi hanno reso molto difficile arrivare in fondo a questa storia. Il protagonista viene spesso infantilizzato e ciò non mi ha coinvolto nella narrazione. Apprezzo il tentativo di mostrare le varie relazioni economiche tra personaggi e istituzioni. La penultima scena avrebbe dovuto ispirare tensione ma non mi ha trasmesso nessun senso di urgenza.
5 – Our Continuity, Each of Us Raindrops
Il fratello dell’altro protagonista è in Florida e ha una malattia rara; il drone è per dargli occhi e orecchie. I due sono in viaggio per recuperare quante più specie in pericolo di estinzione possibili. I tre arrivano sulla spiaggia, stanno ancora inseguendo il drone della pioggia, e incontrano il fratello del giocatore che gli dice che alla radio hanno avvisato del ragazzo col drone e sono tutti in allerta. Il drone dice al fratello di andare avanti da solo, dicendo che senza di lui non lo troveranno. Dopodiché il drone si lancia nelle nuvole a inseguire il drone della pioggia.
Recensione: Molto bello e profondo, anche se un po’ complicato all’inizio (avevo confuso il drone-fratello e il drone-pioggia). Questo autore aveva delle belle idee e mi sono immedesimato molto nei fratelli, ma anche nel giocatore di football nonostante non fosse un personaggio positivo. Le descrizioni che mischiano meteo, sport e cultura delle First Nations sono veramente belle. Un peccato che fossero tutti personaggi maschi, e che il finale fosse un po’ monco. Senza dubbio il mio racconto preferito dell’antologia.
4 – Eulogy to Each and Every End
Sei mesi dopo si rompe un tubo e muore un altro paesano, e i protagonisti parlano delle loro insicurezze mentre preparano il vestito. Passano altre settimane, trovano una sconosciuta morta per strada e le fanno un vestito. Un anno dopo la maestra muore e l’apprendista le fa il vestito.
Recensione: Dialoghi un po’ troppo espositivi, ma l’atmosfera del paesino brasiliano è meravigliosa. Purtroppo la prima metà è quasi puramente descrittiva, il primo “colpo di scena” è descritto in modo troppo breve e non mi è per nulla piaciuto com’è organizzata la narrazione (non ho legami col morto e mi viene detto dopo che era un caro amico del protagonista e che avevano litigato). La premessa era molto interessante ma alla fine era un’altra storia di insicurezze.
3 – Mousedeer Versus the Ghost Ships
Recensione: Nonostante mi piacesse l’inizio continuavo a distrarmi; ho trovato la prosa un po’ ostile ma non so dire bene perché. Semplicemente perdevo interesse e non ho mai avuto voglia di continuarla. Interessante l’ambientazione sudestasiatica, ma non mi ha colpito nient’altro. Particolarmente fastidiosa la narrazione in prima persona senza che venga mai detto nulla sul narratore.
2 – Last Tuesday, for Eternity
Recensione: Apertura fantastica, il modo in cui aggiunge informazioni progressivamente denota grande abilità nella scrittura. I pronomi degli androidi erano un po’ jarring all’inizio ma ci ho fatto l’abitudine, e il resto della prosa era limpidissimo. Androide forse un po’ troppo umano, ma comunque reso alla grande; peccato per i dialoghi un po’ espositivi, soprattutto nella seconda metà. Finale ambiguo che non ho capito bene.
1 – Meet Me Under the Molokhia
Recensione: Apertura molto banale col solito infodump. Il djinn parla come se fosse sua coetanea, e subito inizia il flirt. Praticamente è un racconto romantico con pochi dettagli solarpunk buttati dentro all’inizio. Assolutamente fuori luogo nel concorso, a mio parere.
Conclusioni Generali
Come avrete notato dalle recensioni, la maggior parte dei racconti mi ha lasciato generalmente deluso. Mi aspettavo il meglio che il solarpunk avesse da offrire, invece dopo le prime storie ho dovuto ricalibrare le aspettative a una generica narrativa climatica che esplora molti meno temi del solarpunk. I racconti incentrati sulla tecnologia erano una minoranza, mentre la gran parte erano drammi personali o familiari che, per quanto non siano esterni al genere e assolutamente necessari e validi, non dovrebbero essere la colonna portante di tutte le storie.
Avrei voluto più avventure, più anticapitalismo, più immaginazione sui rapporti che abbiamo e che avremo con la tecnologia e con il resto della società. Il 2200 è lontano, e questa antologia non mi ha aiutato per nulla a visualizzarlo; è invece miope, bloccata su un presente comprensibilmente spaventoso e da esorcizzare, ma che ancora fatica a puntare lo sguardo al di là degli ostacoli.
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