Babel è un romanzo di narrativa speculativa del 2022 dell’autrice statunitense RF Kuang. Ho finito di leggerlo da poco — si tratta di un tomo di 600 e passa pagine — e devo essere onesta, non mi ha fatto impazzire. Indubbiamente si tratta di un libro molto curato, ma se dovessi descriverlo in poche parole userei pedante e pretenzioso. Iniziamo con la recensione!
Un worldbuilding poco convincente
Il libro è ambientato nell’Inghilterra post napoleonica e l’autrice immagina che la rivoluzione industriale sia avvenuta grazie all’uso dell’argento. Il prestigioso Royal Institute of Translation, anche detto Babel, è il centro mondiale della traduzione e soprattutto della magia: la lavorazione dell’argento — l’arte di manifestare il significato perduto nella traduzione usando lingotti d’argento incantati — ha reso i britannici ineguagliabili in termini di potere, poiché l’arcano mestiere serve alla ricerca di colonizzazione dell’Impero.
Il potenziale c’era tutto. Il problema è che l’autrice manca di inventiva nel creare un mondo originale. A parte aver inserito l’argento, tutto è uguale al vero Impero Britannico. Il sistema magico è molto interessante e ben pensato, ma non ha grosse conseguenze sulla società e sul modo di vivere delle persone che vivono in questo mondo.
Ma di cosa parla Babel?
Difficile raccontare la trama in poche righe. Robin Swift, orfano a causa del colera a Canton, viene portato a Londra dal misterioso professor Lovell. Qui studia per anni latino, greco antico e cinese, in vista del giorno in cui si iscriverà al prestigioso Royal Institute of Translation dell’Università di Oxford, noto anche come Babel.
A Babel Robin conosce gli altri studenti del suo corso: Ramy di Calcutta, Victoire di Haiti e Letty, figlia di un ammiraglio inglese. Lì imparano che l’efficacia della traduzione delle lingue europee in inglese sta diminuendo e che le lingue “esotiche” come il mandarino, il creolo haitiano e l’arabo sono considerate il futuro della magia della traduzione.
Robin viene poi contattato da Griffin, che fa parte di Hermes, un’organizzazione segreta il cui scopo è quello di sabotare Babel, rubando l’argento, i libri, gli strumenti per minare al potere dell’Impero. Griffin spiega a Robin come Babel sfrutta le lingue delle nazioni straniere solo per consolidare il dominio dell’Impero Britannico su di esse.
La trama è abbastanza noiosa e sembra non partire mai veramente, almeno fino all’ultima parte del libro, diciamo 75%, quando effettivamente succede qualcosa. L’unico personaggio che ha davvero un’evoluzione è Robin, il protagonista. Gli altri rientrano tutti nel binomio buoni (se facenti parte di una minoranza) o cattivi (se bianchi). Un pessimo modo per trattare tematiche etniche.
Le tematiche
Il libro ci va giù molto pesante sui temi del colonialismo e del razzismo. Il mio cruccio è che l’autrice tratta il lettore come se fosse ingenuo, come se non fosse in grado di capire il messaggio. Complici anche le numerosissime note. Il messaggio è sacrosanto, perché Babel ci parla dei danni del colonialismo, ma non mi ha convinto il modo in cui lo fa: troppo didascalico e pedante.
Inoltre Babel non fa solo danni ai paesi sottomessi, ma anche ai lavoratori delle classi sociali più povere, ma il tema della lotta di classe è molto trascurato. Ci sono infatti proteste dei lavoratori anche davanti alla facoltà e i protagonisti ne rimangono indifferenti. Si potevano trattare entrambi gli argomenti, perché sono comunque strettamente collegati.
Per concludere…
Tutto fumo niente arrosto.
Il sistema magico è sicuramente intrigante. Non essendo un’addetta ai lavori, ammetto di non aver colto tutte le sfumature, ma è davvero particolare e ben costruito, e se vi interessano le lingue sicuramente vi piacerà. Per il resto, questo libro non mi ha convinta.
0 commenti