Consigli di Worldbuilding, Spin-off: Nomi, e come renderli leggibili

Consigli di Worldbuilding, Spin-off: Nomi, e come renderli leggibili

È tutto pronto. Hai seguito le nostre guide (Parte Uno, Parte Due, Mappe), hai pensato al tuo protagonista, ai suoi amici, al mondo in cui abita, alle sue avventure, agli ostacoli che affronterà e all’antagonista più carismatico che la letteratura italiana abbia mai visto. Dopo mesi di preparazione e pianificazione ti metti alla tastiera, apri il programma che più ti è comodo e inizi a scrivere, quando…

“Io… io sono [NOME PLACEHOLDER], e giuro sulle terre di [NOME MONDO], che il malefico [NOME VILLAIN] giammai le conquisterà!”

Panico. Pensi a decine di possibili nomi per tutto e tutti, alcuni li mischi, altri li tagli, ritrovandoti con delle vere e proprie chimere linguistiche. Ci passi così tanto tempo che alla fine sei pure scocciato, hai perso ore preziose di scrittura e sei tentato di chiamare il protagonista Mario, l’antagonista Guido e il mondo Itaglia. Se non sai più che pesci pigliare, questa guida è per te!

(Non) perdere le parole

Sicuramente almeno una volta nella vostra vita non sapevate che nome inventarvi, e avete pensato di ispirarvi al nome di quel personaggio figo di quella serie, cambiando qualche lettera. Ecco, non fatelo per nessun motivo al mondo: potrebbe essere considerato il primo peccato capitale. Il motivo è che, banalmente, la maggior parte delle combinazioni di lettere che escono da questo processo sono letteralmente impronunciabili.

Certo, ci riuscirete se vi impegnate, magari cambiando qualche lettera qua e là, ma paragonate Sauron a Mhurtcu’ydeam. Quale dei due avete pronunciato con più semplicità? E su quale dei due avete avuto più dubbi sul come pronunciarlo?

Queste sono ovviamente le basi, e sicuramente ci avrete già pensato – tuttavia, è lecito precisare per chi non lo sapesse, in quanto questa guida vuole essere masticabile anche per chi è alle primisse armi con la scrittura.

Sorge naturale il dubbio: se non mettendo insieme lettere che suonano bene insieme, come allora?

La risposta dipende molto da come volete ispirarvi e da cosa volete, se volete solamente ispirarvi a una lingua già esistente o crearne una da zero: vedremo in futuri articoli come crearne una completamente nuova, e in questa parte ci soffermeremo sul creare nomi a partire da lingue realmente esistenti.

Primo Punto: Coerenza

La cosa più importante da tenere a mente è che una lingua è meglio definita come un insieme finito di suoni e segni: è quindi naturale che una lingua non possa avere qualsiasi lettera o suono possibili dell’alfabeto latino. Se vi basate sullo spagnolo è quindi strano che ci siano nomi con la V, la quale non è presente nella lingua iberica (o meglio, lo è nell’alfabeto, ma il suono è in realtà lo stesso della B), sarà altrettanto strano se nomi basati sull’italiano avranno il suono “th” tipico dell’inglese.

Questo non per dire che dovete basarvi unicamente su una lingua, ma che usarne i suoni tipici aiuterà istintivamente il lettore a intendere pronuncia e cadenza, rendendo più scorrevole la lettura.

Insieme ai suoni va anche valutata la loro disposizione: ogni lingua ha una sua fonotassi (in breve, i vari modi in cui è possibile ordinare i suoni di una lingua) e rispettarla aiuterà un nome a sembrare effettivamente appartenente a quella lingua: quindi, se la fonotassi italiana permette di dire il gruppo di consonanti “st”, tale coppia non è permessa nel giapponese, e di conseguenza una parola che la contiene non sembrerà appartenente a quella lingua. Qui si può trovare un breve sunto della fonotassi italiana.

Notate la differenza: Thruskerville Vs Gnabbacya. Inutile dire quale sia risultato più facile da leggere.

Secondo Punto: Medium

Arriviamo al secondo punto, inerente la scrittura di questi nomi: va ricordato che un libro (almeno, fino alla sua audionarrazione) è un medium scritto, e come tale un lettore può solo immaginare la pronuncia di una parola. Solitamente il fantasy classico ci porta a immaginare nomi in inglese o, magari in classici originali o localizzati dall’inglese da noi, italiano: di conseguenza, è opportuno usare segni diacritici opportuni e rilevanti alla propria lingua di riferimento: quindi tutti gli accenti, gli apostrofi, nel caso dell’italiano la H, in certe lingue anche i trattini.

Un esempio lampante sono esattamente gli apostrofi, con le loro applicazioni fantasy e non: viene quasi sempre usato per indicare una pausa, ma ciò nel mondo reale avviene solo nell’hawaiiano. Sia in italiano che in inglese infatti l’apostrofo si usa per l’elisione, quindi semmai viene usato per indicare l’opposto di una pausa. Stesso discorso può essere fatto per la H, che in inglese ha un suono proprio mentre in italiano è un segno puramente distintivo (non si pronuncia quindi, serve solo per distinguere alcune parole, come “hanno” e “anno”).

La soluzione, almeno quando si è alle prime armi e si vuole rendere chiara la pronuncia di un nome, personalmente è quella di evitare l’uso di troppi segni diacritici, soprattutto se stranieri alla lingua di riferimento.

Di nuovo, si prenda in paragone “La città di Chuwest’haffëach” Vs “La città di Questaffeca”

Terzo Punto: Tono

Questa sezione è meno dedicata alla linguistica in sé, quanto più al simbolismo dei suoni, ossia cosa i singoli suoni fanno pensare a chi li legge/sente. Sono stati svolti centinaia di test nel secolo scorso (sicuramente conoscerete il test Kiki/Bouba), ma per tenere le cose quanto più brevi possibili (e non trasformare una pagina di consigli in un saggio di linguistica), ecco qualche esempio di lettere e suoni notevoli:

  • Le lettere P, C dura, B e T sono più associate ad azioni dure, quali percuotere, sbattere, e colpire.
  • Le lettere S, F, R e N son0 più associate ad azioni morbide, quali sfiorare e strofinare.
  • Le vocali A e O sono più associate al concetto di grande.
  • Le vocali I e U sono più associate al concetto di piccolo.
  • Le vocali O e U sono più associate al concetto di oscuro e buio.
  • Le vocali A e I sono più associate al concetto di chiaro e illuminato.
  • Le lettere M e N, insieme al suono GN (“gnocchi”) sono più associate a morbidezza e calore.
  • La lettera L e il suono GL (“Gli”) sono più associate a liquidità, leggerezza e libertà.

Et voilà! I vostri nomi saranno tematicamente azzeccati! Questa parte è, tuttavia, la più trascurabile, in quanto se prendete nomi a partire da parole o concetti presenti in altre lingue non sarà ovviamente possibile cambiare troppe lettere senza stravolgere il significato originale. Come sempre, sta a voi decidere: l’ultima parola sta sempre all’autore.


Ovviamente ci tengo a ribadire che questi consigli sono perlopiù rivolti a chi è alle prime armi: se avete dei vostri metodi personali per creare nomi fateci sapere nei commenti quali sono e come vi trovate con essi!

Guida alle mappe per principianti: PAINT

Guida alle mappe per principianti: PAINT

Stai scrivendo un romanzo, un racconto, una sceneggiatura ambientata in un mondo di tua creazione, ma c’è un problema: hai una vaga idea di come dovrebbe essere fatto quel mondo, nella tua testa c’è, è tutto chiaro. Più o meno. Circa.

Lo racconti a un amico, e dal suo sguardo vacuo intuisci in fretta che non ci ha capito niente.
Ti chiede: “Ma ce l’hai una mappa?” Lo guardi male e gli rispondi: “No, in fondo a che serve? E poi non sono capace.”

Sbagliato. Puoi farcela. Ma che ne dici di iniziare da qualcosa di molto semplice?

Introduzione: Perché mappare

Voglio fare una mappa ma non sono capace è una posizione rispettabile, ma se stai scrivendo fiction di qualsiasi tipo (a meno che non sia ambientata nei corridoi del tuo palazzo, il che potrebbe comunque richiedere una planimetria) non regge. Uno scrittore molto famoso, che non citerò perché a questo punto avrà avuto un infarto nella tomba a forza di citazioni, diceva che partire dalla geografia è sempre la strategia migliore quando si crea un mondo immaginario. Sì, proprio lui, ci siamo capiti.

Ma perché è così importante?
Siamo abituati a pensare che in una storia le cose più importanti siano il chi e il come, ma pensare prima al dove aiuta sia l’autore, sia il lettore a capire esattamente di cosa si parla; e cos‘è una mappa se non il modo più rapido ed efficace per visualizzare il dove? Itinerari e tempi di viaggio, punti di riferimento naturali e artificiali, flora e fauna, caldo e freddo, secco e umido, infrastrutture e demografia non sono dettagli da lasciare in appendice, e conoscerli in anticipo spesso influenza in modo decisivo le azioni dei personaggi e la contestualizzazione dell’universo in cui quei personaggi si muovono.

Non è importante (e anzi, molto spesso è controproducente) legare il lettore alla sedia e costringerlo a ciucciarsi una tonnellata di info-dump sul tuo mondo; è invece essenziale che queste informazioni passino in maniera fluida, immediata e magari anche un po’ evocativa nel suo cervello senza distrarlo dalla trama. Le mappe esistono per questo: invece di dodici ore di prigionia nello scantinato dell’autore davanti alla lavagna del worldbuilding, bastano un paio di occhiate, di nomi e di pennelli per comunicare ciò che prima o poi interesserà a entrambi.
E non è un’abilità di nicchia. Come molte altre cose, può diventarlo se decidi di impegnarti davvero e fartela piacere, ma esistono tante scorciatoie per arrivarci senza stress.
Per il worldbuilding vero e proprio puoi dare un’occhiata alla nostra guida (Parte Uno, Parte Due); io ti darò solo qualche consiglio rapido per superare la tua fobia delle cartine e crearne una con lo strumento più semplice del mondo (dopo la matita): PAINT.


Parte 0: Paint? Sei serio?

Perché no? Se sei un autore, scommetto cento euro che il tuo hard disk è pieno di file chiamati appunti.txt, idee.txt, parolacciabrutta.rtf. Siamo attratti dagli strumenti leggeri e immediati, roba che non ci fa sentire sotto pressione: sto solo prendendo un appunto veloce su questo post-it, non sto scrivendo davvero!
Eppure tanti contenuti di valore nascono, dopo le opportune modifiche, da questi scarabocchi.
Paint è fatto apposta per scarabocchiare. Dunque scarabocchiamo.


Parte 1: Scala

Iniziamo subito con i paroloni, ma è necessario. La scala di rappresentazione è il rapporto tra le dimensioni su carta e quelle del luogo reale, ed è anche la prima cosa da decidere prima di disegnare una mappa.
Se devo disegnare la mappa del parchetto dove porto a spasso il cane, e quel parchetto è lungo 300 metri, prendo un foglio A4 (che è lungo 30 centimetri) e faccio due calcoli: nel mio disegno, 1 centimetro corrisponderà a 10 metri. Questo significa che la mia mappa sarà in scala 1:1000 (= 1 centimetro:1000 centimetri).

Per una mappa su Paint, è furbo usare i pixel invece dei centimetri: crea l’immagine di base con una dimensione corrispondente al luogo che ti interessa rappresentare, e fai una veloce scala in pixel. In questo modo, potrai calcolare le distanze direttamente sull’immagine, tracciando una linea o una figura, o semplicemente spostando il cursore. Qualche esempio su una mappa in risoluzione 1000×1000:

Provincia: 50 km (1 pixel: 50 m) [1:5000]
Regione: 100 km (1 pixel: 100 m) [1:10.000]
Nazione: 1000 km (1 pixel: 1 km) [1.100.000]
Continente: 5000 km (1 pixel: 5 km) [1:500.000]

Userò come esempio una mappa di 2000×2000 pixel in scala 1:20:000, cioè in cui un pixel corrisponde a 200 metri. Per intenderci, il risultato sarà un’isola delle dimensioni dell’Irlanda.


Parte 2: Forma

Inizio a dare una forma generale all’isola. Sarà rifinita più avanti, quindi non è necessario insistere sui dettagli. Riempio l’immagine di un azzurro scuro e uso la matita (non il pennello) in un azzurro più chiaro per delineare i contorni della costa.

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Ora faccio lo stesso con una matita color sabbia per delineare le spiagge.

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Infine uso una matita verde per delineare l’entroterra.

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Ora riempio tutto dei colori corrispondenti.

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Ed ecco la forma base dell’isola, su cui si potrà disegnare tutto il resto.
Nota che in questo caso, senza strumenti avanzati come i livelli e le texture, la mappa rappresenterà solo altitudine e morfologia: il verde rappresenta le pianure, colori più scuri colline e montagne. Non consiglio di riflettere su clima, umidità e temperature in questa fase – cerca solo di capire la posizione generale dei rilievi, al resto si può pensare più avanti.


Parte 3: Orografia e Idrografia

Vale a dire: montagne e fiumi. Inizio a tracciare il “cuore” delle catene montuose con la matita marrone.

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Qui il mondo reale è sempre l’ispirazione migliore: le montagne raramente sono isolate, ma tendono a seguire percorsi lungo i quali le placche tettoniche si sono scontrate nel corso dei millenni, spingendo in alto il terreno.
Attorno alle linee dei monti, in modo più generoso possibile, delineo e riempio gli altipiani.

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Ora è il momento di definire le montagne con più precisione, se necessario fondendo tra loro catene vicine.
Catene montuose più vecchie sono più basse (a causa dell’erosione), mentre le montagne più “nuove” dal punto di vista geologico svettano più in alto. Potrebbe non servire, ma se stai già dando alla tua mappa una storia sulla sua origine, conviene tenerlo presente.

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Siamo arrivati ai fiumi: con lo stesso colore dell’acqua delle coste, partendo dalla foce, traccio delle linee con la matita a dimensione 4. Queste proporzioni sono basate su una mappa 2000×2000 – regola le dimensioni della matita in base alla risoluzione e alla scala.
Qualche regola di base per i fiumi: procedono sempre dall’alto verso il basso, scorrendo secondo gravità, hanno multiple sorgenti ma una sola foce; esiste qualche caso nel mondo reale di fiumi che si biforcano (o peggio), ma sono eccezioni molto specifiche: in generale, tutti i corsi d’acqua convergono in uno più grande. Immagina un albero e i suoi rami.
Un fiume può prendere traiettorie strambe e impreviste seguendo l’altitudine e la durezza del terreno, può serpeggiare e attorcigliarsi o immettersi in un altro fiume, ma prima o poi quell’acqua raggiungerà il mare sotto forma di un estuario (la foce a imbuto) o un delta (dai un’occhiata al Po).

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Cerca anche di individuare uno spartiacque, cioè una linea immaginaria tra le montagne oltre la quale i fiumi scorrono verso un mare piuttosto che un altro. In generale, chiediti sempre: da che parte scorre questo fiume? Se la risposta è non lo so o da entrambe le parti… stai sbagliando qualcosa.

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Non tutte le sorgenti si trovano in collina o in montagna, almeno non secondo l’approssimazione di colori che usiamo qui. Sentiti libero di far partire un fiume dalle aree verdi, ogni tanto. Magari da quelle parti c’è una falda sotterranea, o un’area paludosa, o un sistema di colline troppo basso per essere raffigurato.
Un territorio con molti fiumi tende a essere più fertile. Se hai intenzione di posizionare un deserto (o una tundra, o una steppa) in un certo punto della mappa, vacci piano con le acque.
E se un territorio è molto fertile, è plausibile che ci abiti più gente. Quando arriverà il momento di inserire esseri umani (o elfi, o goblin, o alieni) nel tuo mondo, ricorda che le città maggiori sorgeranno quasi tutte in luoghi ricchi di acqua potabile.

Dopo i fiumi principali, rimpicciolisco la matita a dimensione 2 e aggiunto affluenti e laghi.
In linea di massima, per ogni fiume è bene che ci siano almeno due o tre affluenti, e per ragioni estetiche consiglio di dare a ogni affluente almeno un altro affluente.
E non dimenticare i laghi: ne esistono di mille tipi diversi, ma ricorda che l’acqua deve arrivare da qualche parte (sorgenti, fiumi immissari, precipitazioni) e uscire da qualche altra parte (fiumi emissari, evaporazione) – dunque fai in modo di collegarli allo schema generale dei fiumi, soprattutto in pianura. Nella mia mappa ho fatto qualche esempio anche non molto convenzionale.

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Parte 4: Rifinitura

Ora bisogna zoomare e mettere in ordine. Ritorna alla matita in dimensione 4 e affina le spiagge, le pianure e le colline per dar loro uno spessore plausibile. Il discorso è un po’ diverso sulle acque basse, che possono essere estese all’occorrenza – come nel caso di una piattaforma continentale (guarda la Nuova Zelanda, o semplicemente il Mare Adriatico). Nella mia mappa, è il caso del golfo settentrionale.
Ho anche aggiunto un’isola a est.

Senza titolo

Con questa base, hai un’idea generale dei punti di riferimento geografici più importanti della tua mappa. Non sarà un’immagine satellitare, ma non è troppo brutta da vedere – e soprattutto, fa il lavoro che ti serve.

Su di essa potrai (volendo) lavorare con altri programmi avanzati, o ricalcando con la matita, per i dettagli di ecologia, nomenclatura e geopolitica.
Nel prossimo articolo proverò a darti qualche suggerimento (facile) su come posizionare questa roba in modo il più possibile sensato e gradevole agli occhi.

Intanto, corri a fare pratica!

Consigli di Worldbuilding, Parte 2: Civiltà

Consigli di Worldbuilding, Parte 2: Civiltà

Nella prima parte abbiamo esplorato la base geografica su cui costruire il vostro mondo (o universo) di fantasia.

In questa seconda parte aggiungerò la componente sociale e tecnologica, ma non ancora quella umana e culturale in senso stretto. Civiltà e società sono infatti su livelli diversi; in questo articolo ci occuperemo della prima. E a proposito di livelli…

Tecnologia e conoscenza

Il punto di partenza fondamentale è capire quale livello di padronanza tecnologica possiedono gli abitanti del vostro mondo. Il modo più semplice per farsi un’idea di base è pensare ai periodi storici della storia umana: la vostra civiltà è preistorica, feudale, preindustriale, moderna o interstellare? Questo è un buon punto di partenza, ma ricordate che nelle storie di fantasia futuro e passato non coincidono necessariamente coi livelli tecnologici delle civiltà che vivono in essi. La domanda più generica che potete porvi è: di quali strumenti dispongono per manipolare le risorse naturali?

La Scala di Kardashev è un altro ottimo inizio per esplorare diversi tipi di civiltà, ma non è sufficiente per costruire civiltà realistiche e profonde. I noti Fremen di Dune, ad esempio, sarebbero difficili da collocare su questa scala, nonostante possiedano una tecnologia più avanzata di quella umana attuale in certi aspetti. Inoltre la scala non fornisce grande aiuto nel caso stiate creando un mondo più fantastico che fantascientifico.

Un modello esteso che vi suggerisco, basato in parte su varianti della Scala di Kardashev, è il modello di gestione della conoscenza, illustrato nella tabella seguente in ordine di ampiezza/profondità crescenti:

immagine 2
  • Nel Modo Personale, la conoscenza è legata alle esperienze sensoriali dei singoli e non è sistematica né tramandata; pensate ad esempio a civiltà molto primitive con basi di linguaggio minime e gruppi ristretti e isolati, o a civiltà con una certa tecnologia ma in seguito a un collasso sociale e la fiducia verso il prossimo è minima (tipo Mad Max);
  • Nel Modo Locale, la conoscenza è ancora legata alle esperienze sensoriali ma prendono forma mitologie e metodi di trasmissione; alcune tecniche vengono approfondite (specialmente quelle orientate a soddisfare bisogni primari) e condivise oralmente con altri gruppi più estesi e comunità;
  • Nel Modo Istituzionale prendono forma i primi luoghi dedicati alla conoscenza: templi, università, librerie, accademie. La conoscenza viene conservata su mezzi fisici (libri, pergamene, tavole) che possono essere consultati e trasportati. Nascono professioni dedicate alla conservazione e alla trasmissione della conoscenza. La maggior parte dei fantasy si colloca in questo modo;
  • Nel Modo Digitale, (che è approssimativamente quello del nostro mondo attuale) la trasmissione della conoscenza non è più limitata geograficamente ai luoghi dedicati, né ai bisogni primari. L’accesso è generalmente libero e globale, e la quantità di informazioni raggiunge una mole tale che nessun individuo può conoscere tutto, richiedendo specializzazioni e settorializzazioni;
  • Nel Modo Artificiale, la mole di informazioni diventa così vasta che parte dei processi viene delegata a computer e intelligenze artificiali forti (non come quelle attuali; più come HAL di 2001: Odissea nello Spazio). La settorializzazione è così dominante e profonda che sono richieste professioni capaci di mediare tra settori diversi della conoscenza. L’accesso e la conservazione sono così facili che le istituzioni diventano di importanza secondaria, e il loro contributo è primariamente quello di stimolare interazioni fra settori diversi della conoscenza;
  • Nel Modo Trascendentale, la civiltà ha il completo controllo sulla conoscenza. Ogni individuo può conoscere tutto in ogni istante o luogo, senza limiti di memoria o trasmissione. Esperimenti e analisi sono condotti simulando scenari alternativi di complessità arbitrara, inclusi possibili passati e futuri.

Queste categorie non sono nette e soprattutto non sono necessariamente in ordine cronologico; potete sperimentare con varianti di esse e intersecare più qualità di ciascun modo, a seconda di quali caratteristiche immaginate per la vostra civiltà. Se il vostro mondo è sufficientemente esteso, è realistico che vi possano abitare diverse civiltà contemporaneamente, ciascuna con diversi livelli tecnologici e con diverse interazioni tra vicini, alleati e nemici. Ma come disporle?

Localizzazione e radicamento

Una volta che avete un’idea di massima di quanto avanzate sono le vostre civiltà, è il momento di dare loro una casa. Per fare ciò è fondamentale rifarsi alla geografia realizzata nella prima parte, poiché ogni civiltà avrà caratteristiche strettamente legate al luogo in cui hanno avuto origine: una civiltà localizzata su montagne impervie (come ad esempio gli Inca o i tibetani) avranno strutture e infrastrutture radicalmente diverse da una basata sui deserti o sui fiumi.

Una volta che avete determinato la posizione geografica della vostra civiltà, ecco una serie di domande utili per delineare più dettagli della vostra civiltà:

  • Quali condizioni geografiche hanno favorito l’ascesa e il consolidamento di questa civiltà? Quali invece la rendono vulnerabile?
  • Di quali risorse necessitano per sostentarsi? Come vengono estratte? Di quali risorse sono carenti?
  • Come sono organizzate/disposte le loro infrastrutture? Dove si trovano le città principali (se esistono)?
  • Esistono luoghi di potere, di culto o “landmark” di altro tipo? Dove si trovano?
  • Qual è il più grande progetto realizzato (o iniziato) dalla vostra civiltà? Pensate ad esempio a ponti, server, trasporti o particolari metodi di estrazione o accumulazione energetica
  • Quali altre civiltà sono loro alleate, quali nemiche? Perché?
  • Quali sono i limiti di questa civiltà?
  • Se doveste assegnare un colore a questa civiltà, quale sarebbe e perché?

Il processo inverso: dalla civiltà alla mappa

Il flusso di creazione che ho suggerito sopra è quello che funziona meglio secondo i miei gusti personali, ma certamente non è l’unico.

Si può ad esempio costruire una civiltà con relative dinamiche e conflitti, per poi aggiungere la geografia e le risorse necessarie a supportarla in un secondo momento. Questo “procedimento inverso” può risultare utile per non perdersi nella creazione di aree del mondo non centrali alla storia che intendete raccontare.

Ricordate infatti che l’obiettivo primario deve essere raccontare una storia, non costruire un mondo intero! Prendete solo gli ingredienti che vi servono per la vostra ricetta.


Una volta delineati questi aspetti, gran parte della vostra civiltà è pronta. Per renderla completa, realistica e vivida a tutto tondo mancano ancora aspetti politici, culturali e sociali; li affronteremo nella terza parte.

Se volete condividere la vostra civiltà immaginaria creata con questo metodo, lasciateci un commento!

Consigli di Worldbuilding, Parte 1: Geografia

Consigli di Worldbuilding, Parte 1: Geografia

Molti di voi aspiranti cantastorie si avvicinano alla scrittura o al fantasy con alle spalle esperienza da Dungeon Master in vari giochi di ruolo o, talvolta, come lettori affamati che non riescono a saziare il loro appetito con le storie già sul tavolo. Indipendentemente quali siano i vostri background, volete raccontare una storia.

Ma, come suggerivano tutti i professori di geografia del liceo, non può esistere una storia senza luoghi. L’Antico Egitto non sarebbe esistito senza il Nilo e il deserto circostante, Istanbul non sarebbe stata il ponte tra Est e Ovest senza lo Stretto dei Dardanelli, il Giappone feudale non sarebbe sopravvissuto se non fosse stato su un’isola, l’Italia potrebbe essere diventata provincia di chissà quali nazioni senza le Alpi a farle da corona.

La vostra storia, quale che essa sia, necessita di fondamenta geografiche solide e realistiche, e possibilmente anche di mappe.

Lungi da me elargire consigli assoluti: nonostante la mia passione per la creazione di mondi non sono né veggente né autore veterano. Quello che posso fare è porvi domande; domande che poi dovrete porre a voi stessi durante il processo creativo e le cui risposte varieranno da autore ad autore. Non ci sono risposte giuste o sbagliate, solo plausibili e coerenti o irrealistiche e dissonanti. Distinguere fra le due è un’abilità che matura solo con l’esperienza.

E dunque, iniziamo a costruire!

Capo, mi serve una scala

No, non la scala a pioli, ovviamente.

Con scala si intende la portata dell’area geografica su cui volete concentrarvi. Se la vostra storia sarà ambientata in una città non sarà necessario concentrarsi sul costruire un intero continente o pianeta; parimenti, se i vostri personaggi viaggiano tra le galassie non vi servirà preparare centinaia di città o stati. Alcune storie di ampio respiro riescono a dare uno sguardo sul mondo intero e sulla sua storia pur restando nei confini di un singolo quartiere (e.g. Disco Elysium), ma sono più complicate da costruire.

Iniziate chiedendovi: qual è la vostra scala? Un paesino di campagna, una grande città, una foresta tropicale? Prendete le misure dei vostri luoghi, usate sempre un metro di paragone con paesini, città e foreste realmente esistenti: quanto serve al mio personaggio per camminare da una parte all’altra di una città di 100’000 abitanti? E di un milione? Quanto è grande un’astronave che trasporta 10 persone? E 5’000?

Secondariamente, dove si trova questo luogo rispetto al resto del mondo? Una città vicino al deserto sarà profondamente diversa da una subpolare, così come la vicinanza al mare o alle montagne cambia radicalmente i possibili climi che potranno fare parte della vostra storia.

Cento punti (di riferimento) a Grifondoro

Una volta che avete un’idea della vostra scala, è il momento di riempirla di cose: i punti di riferimento.

Questi possono essere naturali, come fiumi, colline, grotte e sorgenti di mana, o artificiali, come edifici, monumenti, miniere e via dicendo. Quali sono i luoghi fondamentali della vostra storia, quelli che sia i personaggi che i lettori dovranno ricordare come iconici e unici? Se la vostra storia si svolge in ambienti ristretti, come un’astronave o un singolo edificio, questi ultimi possono anche essere singole stanze od oggetti. Se la vostra storia si svolge in ambienti enormi, come sistemi stellari o galassie, questi possono essere singoli pianeti, città o buchi neri (e.g. Coruscant in Star Wars o Gargantua in Interstellar). Generalmente 3-10 luoghi d’interesse sono sufficienti per un libro.

E’ fondamentale che questi punti di riferimento siano creati prima della storia e dei personaggi: in tal modo avrete la possibilità di far interagire i personaggi con un ambiente che esiste a prescindere da loro, non solo per scopi di trama. Inoltre, avere una selezione di luoghi notevoli vi aiuterà a dare al lettore una sensazione di essere davvero dentro la storia, di potersi muovere con la mente da un luogo all’altro senza aver bisogno di avere promemoria sull’esistenza di tali luoghi. Non tutti dovranno essere della stessa importanza, anzi! Chiedetevi: quali sono i luoghi di riferimento fondamentali, sia per la storia che per il lettore?

Chiamami col tuo nome

Una volta che avete delineato gli aspetti basilari del vostro luogo, è arrivato il momento di nominarli.

Qui è dove si crea la magia che cattura il lettore: il Monte Fato e Rivendell sono molto più memorabili rispetto al Grande Vulcano e la Valle degli Elfi. Non ci sono trucchi per avere nomi migliori di altri; l’importante è che ogni luogo rilevante abbia un modo di riferirsi a esso che sia chiaro e unico. Se un luogo è importante per la storia, sia i personaggi che i lettori devono avere modo di poterne parlare senza creare confusione e trasmettendo il senso d’importanza.

Alcune domande fondamentali da porsi durante questo processo: i nomi dei miei luoghi sono linguisticamente consistenti tra loro? Se vi trovate in Cina, un villaggio di nome Segrate sull’Adda non sarà molto realistico. Allo stesso modo, cercate di essere più creativi di un banale doppio clic su un qualsiasi traduttore (come la Rowling che ha dato nomi banalissimi alle scuole di magia non britanniche). Secondariamente: i nomi dei luoghi sono leggibili e facili da ricordare? La Fortezza di Arkhazadhcymqud Eldurgtanmadoornes non sarà mai chiamata per intero e i vostri lettori la conosceranno semplicemente come “la Fortezza”.


Compiuti questi primi tre passi (la cui pianificazione può anche durare mesi, se dettagliata!) avete il vostro contenitore di storie. Sì, al plurale: una volta creata l’ambientazione potrete usarla per qualsiasi tipo di storia, sia essa una campagna di qualche gioco di ruolo o il cuore pulsante di un nuovo romanzo. Ma da sola essa non basta: va riempita con altri elementi, vivi e agenti. Civiltà, nazioni, associazioni, branchi e stormi saranno trattati nelle prossime parti.

A presto!