Il Fantasy, definito come un genere di racconti e storie incentrate su elementi fantastici, magici, o immaginari, ha negli ultimi tempi perso molto del prestigio che un tempo lo caratterizzava.
Di certo la separazione in diversi sottogeneri ha comportato una diramazione del pubblico non indifferente, forse diluendo il corpo degli appassionati in una serie di gruppi più chiusi nella propria nicchia; dopotutto ci sono notevoli differenze tra, per esempio, una storia romantica con elementi fantastici (anche detta Romantasy) e una ambientata in un mondo contemporaneo (come potrebbe essere un Urban Fantasy).
Scrivere con ingredienti avariati
La popolarità del Fantasy classico, o High Fantasy, è andata notevolmente a diminuire nel corso del tempo, con molti meno esempi pubblicati di romanzi e storie popolari di questo genere. A parte eccezioni lampanti, quali i romanzi di Brandon Sanderson, sembra che il pubblico abbia perso interesse nel fantasy tradizionale in favore di storie il cui focus è posto su altri elementi e sottogeneri. Persino nel caso del suddetto Sanderson si può notare come l’attenzione riposta nel presentare i suoi romanzi sia più sull’originalità dei sistemi magici e dei mondi che l’autore costruisce.
Per certi versi è naturale: data la ingente quantità di romanzi Fantasy pubblicati ogni anno deve esserci un fattore di risalto non indifferente per spiccare. Ma proprio questo rivela il vero punto della questione, e cioè che il genere è saturo di romanzi, ma carente in originalità. Sin dai tempi di Tolkien, padre del Fantasy moderno, abbiamo visto un ripetersi degli stessi tropi senza troppi cambiamenti: un impero maligno, un mago oscuro, draghi da uccidere o domare, principesse, elfi, nani.
Questo incessante ripetersi di immagini familiari senza mai troppi cambiamenti nella struttura porta inevitabilmente a una stagnazione che è oramai divenuta sinonimo del genere. C’è modo e modo per innovare il Fantasy classico, e ci deve essere tecnica anche nel sovvertire (potete trovare alcuni esempi tra le nostre ispirazioni). Ci sono certamente diversi romanzi che potremmo consigliare in questa sede, ma oggi ci soffermeremo su un esempio esterno alla letteratura.
I Tropi Fantasy in Giappone e gli Isekai
Spostiamo quindi l’attenzione su un lato del Fantasy che, nel suo microcosmo, esemplifica in maniera molto più visibile la stagnazione di cui parliamo: il mondo della narrazione giapponese, nello specifico quello delle Light Novel, Manga, e Anime. Per i profani, parliamo di racconti brevi, fumetti, e animazione originari del Giappone, che sono negli ultimi anni divenuti estremamente rilevanti al mondo della pop-culture.
È opinione comune di molti appassionati che la stagnazione del genere Fantasy sia prevalente anche in questi media. Separando dalla discussione i manga di genere Shonen, che per lo più potremmo definire una sorta di Low o Urban Fantasy troppo codificato nel proprio mondo per rientrare nella discussione, c’è davvero poca rappresentanza del Fantasy così come lo conosciamo.
Fino agli anni 2000 abbiamo esempi riconosciuti e amati, primo tra tutti a nostro avviso Record of Lodoss War, un vero e proprio High Fantasy; ma il genere di recente ha ricevuto una codificazione lampante in un singolo filone divenuto oramai tipico di una generazione: il genere Isekai.
Isekai, come genere, definisce storie in cui una persona comune, parte del nostro mondo, dopo una morte spesso tragica o un imprevisto sovrannaturale, viene catapultato in un reame fantastico, dove gli è concesso di diventare il protagonista di una vera e propria avventura. Spesso questi eroi vengono forniti di poteri soprannaturali, gli è consentito di portare la conoscenza del proprio mondo moderno in un ambiente medievale, o sono in altro modo avvantaggiati così da poter meglio completare la fantasia di potenza che molti lettori ricercano.
Molto spesso, anzi con quasi regolare frequenza, questi mondi fantasy sono estremamente basilari a livello di costruzione e originalità, con le stesse solite razze, sistemi magici, armi, e minacce. Tutti tropi chiaramente ripresi per evocare rapidamente il senso di “mondo fantastico” senza perdere troppo tempo a spiegare il tutto agli spettatori, utilizzando come base i numerosi videogiochi di ruolo popolari in Giappone (primo fra tutti Dragon Quest), da cui quasi sempre prendono anche una sorta di sistema interno quale l’aumento di livello e l’acquisizione di abilità.
A lungo andare, l’Isekai è divenuto quasi sinonimo del Fantasy Giapponese, e ci sono numerosi tentativi malriusciti di sovvertirlo. Quello che però ci interessa sono i tentativi di successo, come Dungeon Meshi.
Cos’è Dungeon Meshi?
Dungeon Meshi è un manga di Ryoko Kui che ha iniziato la sua pubblicazione nel 2014 e che di recente ha ricevuto un adattamento animato sotto forma di una serie Netflix di successo. A nostro avviso, questa storia mostra come sovvertire e sfruttare i tropi caratteristici di un genere stagnante in modo arguto e avvincente.
A un primo approccio il mondo sembrerebbe fin troppo generico, simile ai molti altri fantasy giapponesi, ispirato a Dragon Quest, con gruppi di avventurieri assoldati per esplorare dungeon e combattere mostri già raccontati in mille altre storie, gruppi composti da razze oramai sinonimo del Fantasy: elfi dalla lunga vita, nani esperti scavatori, mezz’uomini, etc.
Persino una prima lettura della trama potrebbe far storcere il naso: dopo uno scontro con un drago, un gruppo di avventurieri guidati da un guerriero di nome Laios viene teletrasportato in salvo da sua sorella Falin. Desideroso di salvarla dalle fauci del drago, Laios si avventura nuovamente nel Dungeon assieme all’elfa Marcille, il mezz’uomo Chilchuck, e il nano Senshi. Attribuendo il fallimento precedente alla carenza di provviste, Laios propone al gruppo di procacciare il cibo nel Dungeon cucinando le varie creature al suo interno, con grande disappunto di Marcille.
Tralasciando lo spunto interessante del cibo e della cucina di mostri, il tutto sembra molto tradizionale per il genere. Eppure la serie riesce con successo a riprendere i tropi più comuni e a renderli nuovamente interessanti.
La ricetta per un Fantasy unico
La premessa di cucinare le creature magiche da ampio spunto all’autrice per espandere la biologia di queste creature, aggiungendo dettagli curiosi e originali che favoriscono il worldbuilding: il fatto che la testa di serpe di una Cockatrice sia quella pensante, o il sapore peculiare della sua carne; i metodi per coltivare, estirpare, e cucinare una Mandragora urlante; il fatto che i mostri che utilizzano l’inganno, come Mimic e Incubi, abbiano la forma di molluschi commestibili.
Quanto alle razze, sebbene mantengano i tratti comuni codificati da tempo nel genere, questi assumono un altro significato, uno più profondo, nella serie. Le differenze fisiche comportano una separazione necessaria dei ruoli, un umano è troppo alto per procedere furtivamente come un Mezz’uomo, che a sua volta ha troppo poco mana per scagliare magie come un elfo. Le razze dalla lunga vita tendono a vedere anche gli adulti delle razze meno longeve come bambini. E sul piano emotivo la lunga vita degli elfi, e la consapevolezza che i suoi amici moriranno prima di lei, non è per Marcille solo motivo di struggimento, ma un punto focale e fondante della sua storia, una paura recondita.
L’autrice prende questi tropi e li usa per creare qualcosa di nuovo e interessante. I Dungeon in sé contengono segreti ben più oscuri di quanto non sembri in superficie. Senza fare troppi spoiler, c’è un motivo se sono ritenuti così importanti: contengono un potere che non è presente in nessun altro luogo, in grado di esaudire i propri desideri più reconditi. Tocca quindi chiedersi quali questi siano, e se varrebbe davvero la pena vederli avverati.
Questa originalità si estende anche ai personaggi. Ognuno di loro sembra molto semplice, ma nasconde una multidimensionalità invidiabile a molte altre storie. Marcille, Senshi, ma anche personaggi secondari come Kabru e i Canarini possono diventare in fretta i preferiti di un lettore o spettatore grazie al loro charme e alla loro complessità, che viene poco a poco rivelata. Tra tutti forse il più interessante è proprio il protagonista, Laios, con le sue difficoltà di comprendere gli altri, in cui è spesso facile identificarsi.
La serie è molto leggera e divertente, e mantiene un alto livello di intrattenimento anche quando il tono si fa man mano più serio. Ci sono due momenti in particolare nella serie che scandiscono un netto picco di tensione, e che sono tanto più efficaci con la consapevolezza di ciò che è venuto prima.
In generale, consigliamo questo manga e il relativo anime a chiunque sia un fan del Fantasy e abbia interesse a vedere come prendere tropi prestabiliti e renderli comunque interessanti. È anche una boccata d’aria fresca per appassionati di Manga e Anime che da tanto desiderano un’avventura fantasy staccata dal genere Isekai.
Sulla stessa onda consigliamo anche Frieren: Beyond Journey’s End e Witch Hat Hatelier, entrambi validissimi per gli stessi motivi. Chissà, forse ne scriveremo in futuro…
Pièce de Résistance
Negli ultimi tempi è diventato quasi uno sport criticare il Fantasy e i suoi tropi triti e ritriti, la stagnazione, il già-visto in favore invece di sovversioni abbozzate. A nostro avviso è utile invece esplorare storie come Dungeon Meshi, che anche se parte di un medium diverso possono fornire ispirazione anche ad aspiranti scrittori su come esplorare concetti all’apparenza semplici in modo originale e coinvolgente.
E chissà, forse quello che serve per cucinare un Fantasy degno di questo nome, in grado di soddisfare i palati più raffinati e donare un’esperienza appagante non sono ingredienti raffinati, stravaganti, o esotici, ma semplicemente una nuova ricetta fatta con una mano abile, un idea brillante, un po’ di spezie e soprattutto amore.
Buon appetito.
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