Medioevo Immaginario: da dove proviene il Fantasy?

da | Set 4, 2024 | Approfondimenti

Fra i tanti modi di pensare il Medioevo che ciascuno si sceglie per farne oggetto di culto o di privatissimi sogni, ve n’è uno che probabilmente tutti li comprende e giustifica: ed è quel Medioevo cui spesso perfino nel linguaggio corrente ci si riferisce per descrivere alcuni aspetti del nostro presente. Una sorta di grande ipotesi comparativa cui quel passato viene ricondotto per verificare nel presente le minacce e le prospettive poco rassicuranti in cui una lunga tradizione di origine romantica ha racchiuso il suo significato.


V. ATTOLINI, «Un’utopia medievale» in Immagini del Medioevo nel Cinema, (Ombra Sonora, 28), 1993, pp. 68-74.

Medioevo, questo sconosciuto

Le ambientazioni d’ispirazione medievale sono una delle cornici storiche più popolari per opere di fantasia: film, libri, giochi e videogiochi. Gli aspetti caratterizzanti del medioevo agli occhi dello spettatore – impostazioni politiche di tipo feudale, lotte dinastiche, e le forme stesse della letteratura medievale tradizionale (il romanzo cavalleresco, la quest come ricerca) – vengono spesso sollevati dal contesto storico a cui appartengono per diventare funzionali all’uso delle forme dell’intrattenimento di evasione.

L’ardua questione del termine “medioevo” è tutt’altro che chiusa: questa parola ha acquisito tanti significati differenti a seconda delle necessità storiche. Infatti, da una parte c’è il medioevo storico, analitico, affrontato con lente imparziale; dall’altra l’idea di Medioevo multiforme: quella dei media, della politica e dell’identità.

Da quando?

L’idea positiva di Medioevo prende forma a partire dal primo Ottocento, grazie a una socializzazione delle opinioni che diventa diffusa nei caffè, nelle piazze e nei teatri, per passare poi nelle singole dimore sotto forma di letteratura popolare destinata ai più giovani. Essendo l’intera Europa allora pervasa dal sentimento del Medieval Revival1, è da qui che questo tipo di letteratura riceve la consueta sembianza che ritroviamo in gran parte delle opere fantasy.

Il dirompente impatto di questo revival è frutto dell’unione tra lo spopolare del romanzo storico con una standardizzazione delle fonti iconografiche e delle testimonianze del basso medioevo, molto più numerose e facilmente accessibili rispetto a quelle di epoche precedenti. Questo processo di livellamento storico ha ovviamente restituito curiose testimonianze che vedono mescolate la realtà bassomedievale con quella rinascimentale, giunte a noi sostanzialmente immutate attraverso la letteratura di consumo.

Il romanzo, dopotutto, è congeniale al Medioevo: bisogna ricordare che è qui che il termine e il concetto nascono, e che nel romanzo medievale ci sono già molti degli ingredienti di questi nostri romanzi (avventure, personaggi in perenne movimento, misteri, sortilegi, violenza e amore).

Ciò che è fondamentale eviscerare dall’esperienza ottocentesca è che il revival ha irrimediabilmente compromesso l’idea di medioevo colorando situazioni archetipiche fantastiche – anche non medievali – con tinte medievaleggianti, trasportando di fatto il medioevo in un non-tempo, in una fantasia dell’oltre che si materializza in un passato fumoso in cui è conveniente porre radici.

La mossa vincente sta nel fatto che il senso del lontano, del sacro e del meraviglioso spesso coincidono con il sentimento identitario: non si tratta solamente di trovare una cornice perfetta per la costruzione di fiabe moderne, ma anche ritrovare il senso di appartenenza a una comunità, un’identità, riconnettersi con le proprie radici che non sono tanto facilmente individuabili se non in un passato ambiguo e incantato. Infatti, l’uso strumentale del Medioevo è stato piegato ad ogni tipo di ideologia che ha voluto asservirsene, dalle frange dell’estrema destra a quelle della sinistra, passando anche per tutte le dottrine intermedie immaginabili.

Una storia politica

All’inizio del Novecento il fantasma del medievalismo iniziava a svanire e, nonostante se ne prevedesse una totale scomparsa, rimase residuale soprattutto nelle opere di genere, nella letteratura e nei film. Ma quella che era una moda nell’Ottocento, un gusto, ora, in risposta al generale rifiuto ideologico giovanile, diventa una vera e propria controcultura. Negli ambienti filosofici degli anni ’60 il Medievalismo non era del tutto scomparso, e si delineava come alternativa conservatrice cattolica al Modernismo.

Le suggestioni medievali sono tanto apprezzate a destra quanto a sinistra: nei paesi anglosassoni, infatti, Tolkien è un autore gradito alla cultura hippy ed ecologista, laddove in Italia è considerato adiacente agli ambienti di estrema destra, ma anche in chiave cristiana, e chi più ne ha più ne metta.

La destra ha fatto uso delle immagini medievali per creare una controcultura che fosse di risposta al capitalismo, al liberismo e al socialismo, per ritrovarsi nel concetto di “tradizione”, nella difesa dei valori puri dell’antichità in opposizione al presente. 

L’opera di recupero medievale fatta dalla sinistra è soprattutto di stampo folkloristico, a partire dagli anni ’70, quando si sentiva la necessità di ritrovare le tradizioni popolari che si andavano perdendo con l’avvicinarsi del progresso tecnologico e industriale.

Ma il Medioevo popolare può significare molto di più: la pluralità ha la necessità di riappropriarsi delle tradizioni culturali che le sono state sottratte, tappa obbligata per acquisire la coscienza di classe. Ed è infatti il popolo ad essere il punto focale dell’attenzione della sinistra nel suo approccio al Medioevo: quello della sinistra è il Medioevo della rivolta, del pre-proletariato. È lotta di classe combattuta tra i servi della gleba e i feudatari, o la fiorentina rivolta dei Ciompi. Sono eroi del popolo Gioacchino da Fiore e Jacopone da Todi, mentre i nemici sono i gerarchi, uno tra tutti Bonifacio VIII.

Il Cavaliere, l’archetipo identitario

La figura che incorpora tutti i sentimenti di aspirazione politico-identitaria positiva è quella del cavaliere: L’eroe senza macchia e senza paura che porta avanti la missione salvifica, la figura cavalleresca che si mescola con il mito. La cavalleria incarna valori moderni estremamente attraenti per alcuni colori politici, nonostante l’ideale cavalleresco sia anch’esso una forgiatura ottocentesca. Il cavaliere medievale, quindi, è un mito storicizzato, elevato a paladino del popolo e della nazione, esaltato per la capacità guerriera e l’immancabile spiritualità. Questi caratteri si sposano perfettamente con le ideologie nazionalistiche, che hanno preso la figura cavalleresca come uno dei propri archetipi. Nonostante l’ideale cavalleresco abbia influenzato tutto l’Occidente, particolare presa ha fatto in Francia, Inghilterra, Spagna, Germania e paesi celtici.

Anche la religione si congiunge all’ideale cavalleresco nelle ideologie nazionalistico-identitarie: Giovanna d’Arco, i crociati, i santi cavalieri, il mito templare e quello del Graal. In altri casi, negli stati americani del Sud, è il Ku Klux Klan ad appropriarsi del mito del cavaliere arturiano per affermare la superiorità della razza bianca su tutte le altre.

L’idea di Medioevo: i diversi mondi

Possiamo identificare almeno tre medioevi differenti, tre mondi che vengono scelti e utilizzati come sfondo, e che hanno ben poco in comune. C’è il Medioevo prima dell’anno mille, barbaro e violento, dove l’unica legge è quella della forza, con istituzioni vane e irraggiungibili ma con spazi aperti all’avventura, possibilità enormi di fortuna e cambiamento. È il Medioevo preferito oggi nei giudizi del tipo «scuola medievale» e «legge medievale», ed equivale nel linguaggio corrente pressappoco al primitivo.

L’altro Medioevo è quello dopo «la rinascita» con tutti gli ingredienti noti: città con stradine tortuose, cattedrali svettanti, maestri acuti come il Guglielmo di Baskerville di Eco, menestrelli, giullari, castellane, tornei e banchetti.

E poi c’è un terzo Medioevo, uno forse più complesso da individuare cronologicamente, esemplificato dall’armata Brancaleone o dal mondo de Il pataffio di Luigi Malerba: il Medioevo sbarcato e dialettale, esclusivamente rurale, con personaggi che sembrano tutti emarginati dal flusso della storia, una sorta di proletariato. È un’immagine fortunata perché è un Medioevo familiare, simile a certe nostre campagne, un mondo nostrano che sopravvive e in fondo muove a simpatia perché contrasta con quello di oggi, industriale, computerizzato e massificato2.

E nella pop-culture?

I mass media, soprattutto il cinema e la televisione, hanno contribuito a forgiare, sin dalle esperienze audiovisive di fine ‘800, l’idea di medioevo erede della tradizione romantica, che si è consolidata fino a diventare parte integrante dell’immaginario collettivo.

Sono un esempio i prodotti Walt Disney ispirati al ciclo arturiano, ai fratelli Grimm o ai castelli incantati di Ludwig II di Baviera: Snow White and the Seven Dwarfs (Biancaneve e i sette nani, 1937), Sleeping Beauty (La bella addormentata nel bosco, 1959), The Sword in the Stone (La spada nella roccia, 1963) e Robin Hood, (1973) sono tutti film d’animazione che rappresentano il tentativo dell’America di forgiare il proprio passato medievale. Gli Stati Uniti, innamorati dell’Europa medievale e dei romanzi di Walter Scott, si appropriano di un’epoca che storicamente non è mai stata loro, ma nella quale – immaginandola, rielaborandola e trasfigurandola – trovano la loro identità e legittimazione.3

Ma il vero punto di svolta, l’apogeo del medioevo fantastico nel XXI secolo, è dovuto alla fortunata trilogia di The Lord of The Rings (Il Signore degli Anelli, Peter Jackson, 2001; 2002; 2003, tratta dall’omonima saga fantasy di J.R.R. Tolkien, che ha segnato l’inizio all’invenzione di giochi di ruolo, videogiochi, serie tv a tema fantasy medievaleggiante. Altro illustre esempio è The Chronicles of Narnia (Le Cronache di Narnia, Andrew Adamson e Michael Apted, 2005; 2008; 2010) ispirata agli omonimi romanzi di C.S. Lewis.

Ma lo spirito medievaleggiante permea anche la trilogia di Star Wars di George Lucas, e soprattutto, Dune (2021, 2024 Denis Villeneuve). Ancora, lampante è l’esempio di 2001: Odissea nello spazio, «autentica bibbia dell’odierna fantascienza cinematografica»4 il cui tema della circolarità inconclusa del tempo anticipò il ricorso sempre più frequente ai modelli di riuso del passato per spiegare il presente o prefigurare il futuro. Futuro che sembra sempre affacciarsi – con i suoi eventi apocalittici – sull’avvenire del nuovo Millennio.

I casi potrebbero moltiplicarsi ancora, ed estendersi fino a tutto il filone della science fiction che, mediante un’oscura e poco tranquillizzante simbologia, intende far coincidere il futuro più avanzato con quell’immagine che una lunga tradizione letteraria ci ha offerto del Medioevo.

L’ipotesi di Medioevo

Quando si parla di ricostruire il Medioevo attraverso le opere di fiction, sorgono diverse problematiche di fronte agli scrittori che desiderano reinterpretarlo. Innanzitutto, gli scrittori moderni sono irrimediabilmente rimossi dal periodo a causa della storiografia e letteratura precedenti, oltre ai problemi che si pongono nell’accedere alle fonti.  Di conseguenza, noi non stiamo avendo a che fare con una rappresentazione della storia, ma con una ricostruzione del periodo medievale basata su un immaginario cinematografico e culturale. Umberto Eco osserva come, nel cercare di ricreare il nuovo Medioevo, essenzialmente si stia formulando «un’ipotesi di Medioevo», come se stessimo cercando di forgiare il Medioevo e indagassimo gli ingredienti utili a renderlo il più credibile possibile.

Nella fiction, in un certo senso, si sta effettivamente cercando di forgiare il Medioevo, o almeno una versione di esso; e per fare ciò, c’è bisogno di considerare gli elementi più utili allo scopo.  Bisogna, inoltre, tenere a mente che non tutte le opere sono pensate con la volontà di ricreare un Medioevo efficiente e credibile.  

L’obiettivo invece è quello di rendere la storia viva, in modo che sia facilmente comprensibile a ogni spettatore, raggiungendolo se necessario con un deliberato anacronismo. Quindi, per ogni tentativo di ricostruire un Medioevo fedele alle fonti, c’è un corrispondente autore che forgia la sua personale idea del periodo, creando un’iconografia del ventunesimo secolo, una serie di simboli e sequenze che per noi rappresentano il Medioevo, esistenti in modo indipendente dalla storia effettiva.

Ma quali simboli e sequenze?

Molto spesso le opere fanno uso di linee guida interne che permettono la normazione dell’immaginario medievale. Andrew Elliott, nel suo Remaking the Middle Ages: The Methods of Cinema and History in Portraying the Medieval World  riconosce dei «signs of Medieval-ness», operando una distinzione tra «internal signs» e «external signs».

  • Immagini guidate che evocano una certa era (cavalieri, castelli, principesse, ecc. I cosiddetti «historicons»).
  • L’uso di tropes simbolici, di immagini, sequenze di eventi (banchetti, contadini a lavoro, matrimoni, ecc.).
  • L’uso di un linguaggio particolare (come il «mock-medieval», una convenzione sviluppata nel XIX secolo, che sta a significare che i parlanti non stanno utilizzando l’inglese).
  • Convenzioni e sistemi di rappresentazione (tornei, duelli, cerimonie di investitura, salvataggi; immagini e sequenze ricorrenti che Amy de la Bretèque ha definito come «figures obligées», o «passages obligés»). Questi spesso hanno funzione puramente evocativa piuttosto che esplicativa, il che indica che la nostra deduzione che una certa opera sia ambientata nel passato è molto probabile provenga da informazioni “visive” e “uditive” come costumi e modalità di linguaggio.

Ovviamente questi punti non si escludono a vicenda, e per ogni opera a sfondo medievale è probabile trovarne uno o due o più simultaneamente, specie se tratta un tema in qualche maniera estraneo al pubblico, dove la guida è necessaria. Data la loro ripetizione e il loro continuo riuso, questi simboli codificati hanno iniziato a trascendere la natura di semplici convenzioni, e a diventare qualcosa che si avvicini più alla natura di archetipo, utile a evocare le caratteristiche di personaggi ed eventi senza dover necessariamente specificare in quale epoca ci troviamo.

Se è fantasy, molto spesso è (l’altro) Medioevo.

Se quest’articolo ti è piaciuto controlla le nostre ultime uscite su Edizioni Novilunio: abbiamo Consigli di Scrittura, Recensioni, e Approfondimenti!


  1. M. CRUTCHLEY, A Brief History of the Medieval Revival, Retrospect Journal, Edinburgh University’s History, Classics And Archaeology Magazine. https://retrospectjournal.com/2022/11/20/a-brief-history-of-the-medieval-revival/ ↩︎
  2. FUMAGALLI BEONIO-BROCCHIERI, Perché il Medioevo? cit. pp. 174-178. ↩︎
  3. N. MAGGIO, Conan la spada e lo stregone. Middle Ages e Fantasy: la rielaborazione del medioevo attraverso le saghe filmiche sword and sorcery, in «Bianco e Nero. Rivista quadrimestrale del centro sperimentale di cinematografia», numero monografico dedicato a Cinema e Medioevo, a cura di Cardini Franco, Fracchini Riccardo e Iacono Davide, 600, (2021), pp. 99-101 ↩︎
  4. V. ATTOLINI, Verso un altro millennio. Medioevo e fantascienza, in Immagini del Medioevo nel Cinema, (Ombra Sonora, 28), 1993, pp. 75-96. ↩︎

0 commenti

Invia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *