Per molti scrittori sono un palco su cui mettersi in mostra, per altri eterno cruccio e dilemma; quale che sia la vostra situazione, le descrizioni sono un elemento centrale della scrittura, ma anche fonte di insicurezza. Troppe o troppo poche? Troppi dettagli o carenza di essi? Cosa descrivere e perché?
Nelle ultime settimane ho riflettuto su cosa significa descrivere, nel senso di quale ruolo ha la descrizione nel mediare ciò che l’autore immagina e ciò che il lettore riproduce nella propria testa.
Che tipi di descrizione usare?
L’istinto di base di chi si approccia alla scrittura è di usare le descrizioni per spiegare al lettore l’immagine che noi autori abbiamo in mente durante il processo creativo. Eppure, facendo ciò si rischia di cadere in descrizioni esagerate e ridondanti, piene di dettagli non necessari, oppure scarne e incomplete, dando per scontati alcuni dettagli che immaginiamo “sullo sfondo”.
Le tipologie di descrizione
- Letterale: Quando si descrivono tutti i dettagli sensoriali di un ambiente o aspetto. Queste sono descrizioni più liriche e immersive, lunghe e approfondite, che però rischiano di appesantire se portate all’eccesso. Sono necessarie quando il lettore viene catapultato in un contesto NON familiare, in cui non ha punti di riferimento, e bisogna partire da qualcosa di conosciuto per ancorare il suo senso di orientamento: pianeti esotici, periodi storici non familiari o mondi surreali.
- Superficiale: Quando si descrivono pochi ma importanti dettagli, lasciando il resto all’immaginazione del lettore. Funziona meglio quando l’ambientazione è già nota, e al lettore risulta facile riempire gli ambienti e i luoghi con la propria fantasia; esempi notevoli sono l’high fantasy secondo i canoni tolkieniani o le space opera in cui l’esplorazione spaziale è data per base comune, ma anche ambientazioni contemporanee e realistiche.
- Interna: Nessun dettaglio che appartiene ai cinque sensi; vengono descritte emozioni, stati d’animo, reazioni, pensieri e idee dei personaggi.
Descrizioni rispettose
Il lettore, o perlomeno gran parte dei lettori che leggono fiction, consciamente o meno, collega i punti e riempie i buchi tra ciò che è descritto. L’abilità dell’autore, secondo me, sta nel trovare un proprio equilibrio. Creare un mondo che non sia troppo alieno, che non disorienti troppo il lettore né che lo sommerga di descrizioni, ma nemmeno troppo familiare, in cui le descrizioni risulterebbero superflue ma contemporaneamente la loro assenza creerebbe l’effetto “stanza bianca”.
Come autore, a me piace pensare che l’intelligenza del lettore debba essere rispettata. Chi legge fiction vuole avere spazio d’immaginazione: dargli troppi dettagli per me equivale a non fidarsi della sua immaginazione, pretendere che l’immagine nella sua testa sia esattamente come lo è nella mia e non ammettere altre interpretazioni o variazioni. Chiunque di voi abbia toccato erba sa perfettamente che è impossibile trasmettere alla perfezione tutti i dettagli di ciò che ci circonda, anche e soprattutto perché ognuno di noi nota, si fa ispirare e ricorda elementi diversi a seconda della storia e dell’ambientazione.
Questione di atmosfera
In futuro parlerò anche di dialoghi, ma permettetemi un paragone: così come le singole battute dei personaggi vengono facilmente dimenticate ma ricordiamo le loro azioni e decisioni, così per le descrizioni; difficilmente ricorderemo le parole esatte di una descrizione, per quanto meravigliosa e dettagliata, ma l’atmosfera che essa suscita rimarrà nella nostra mente molto più a lungo, anche a distanza di anni.
Come costruire l’atmosfera, o come dicono oltralpe, il vibe? Non è banale e richiede molta pratica (sia nello scrivere che leggere descrizioni altrui e valutarne l’efficacia in termini di emozioni che vi suscitano, oltre che di immagini che dipingono), ma possiamo affidarci ad alcune domande che ci permettono di approfondire il legame immaginifico ed emotivo delle nostre descrizioni. Ad esempio:
- Non esistono luoghi senza personaggi. Lo spazio in cui si svolge la storia ha connessioni con qualcuno dei personaggi principali? Ci sono ricordi legati a esso, traumi o sogni che scaturiscono una reazione in loro?
- Se non volete scomodare i pensieri dei personaggi, quali dettagli della scena sono i primi che immaginate? Quali sono invece i primi che noterebbero i vostri personaggi?
- State descrivendo qualcosa che non è presente nella scena? Questo è il classico “errore” dell’elefante rosa, che trae in inganno i lettori e fa compiere all’immaginazione un passo falso su cui è difficile tornare indietro
- Descrivete tutto in un unico paragrafo? O lasciate alcuni elementi e dettagli per le parti seguenti della scena, da intrecciare con dialoghi o azioni dei personaggi? (Da notare che scene diverse potrebbero richiedere tecniche diverse, a seconda dello scopo di ciascuna scena)
- Una volta che avete completato la vostra descrizione, provate a togliere un elemento alla volta e paragonarla con luoghi (reali o di fantasia); avete descritto qualcosa di unico, in parte familiare o estremamente mondano e indistinguibile?
Con questi nuovi pennelli nel vostro atelier letterario, siamo curiosi di sapere cose ne pensate. Qual è il vostro stile descrittivo preferito e perché? Quali tecniche funzionano meglio per voi, quali altre sono inavvicinabili?
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