Metodi Creativi – Come strutturare i capitoli di un romanzo?

da | Ago 29, 2024 | Consigli di scrittura

Come chiunque abbia letto un romanzo ben sa, scrivere un libro non è affatto facile. Lo sa ancora meglio chi ha già provato a scriverne uno: ci si blocca, la storia non va avanti, alcune parti sono noiose, e mille altri problemi che ognuno di noi ha affrontato (e fortunatamente risolto!) durante la stesura del proprio primo libro. Uno dei problemi più frequenti, che ritorna a ogni romanzo con volto nuovo, è come dividere i capitoli.

La premessa fondamentale che dobbiamo fare è che non esiste un unico criterio o procedimento; la divisione in capitoli è anzitutto un gusto personale dell’autore, che varia da capitoli lunghi e densi ad alcuni di poche pagine; alcuni alternano i due tipi per creare ritmo, mentre altri li aboliscono del tutto per raccontare la storia senza interruzioni. Per fare un esempio estremo, i miei romanzi sono sempre di ventiquattro capitoli, indipendentemente dalla storia che intendo raccontare; ho trovato una struttura che mi è congeniale e la mantengo il più possibile intatta.

Di seguito cercherò di fornire consigli generali di ciò che ho imparato negli anni, mantenendomi il più distaccato possibile dal mio metodo personale (che per alcuni potrebbe essere troppo rigido), ma che spero possa darvi spunti di riflessione utili e vi facilitino il lavoro di creazione e scrittura.

Il metodo a blocchi (o atti) narrativi

Tutti conoscete la grande allegoria del vaso riempito prima di sassi grossi, poi di ciottoli, poi di ghiaia e poi di sabbia, fino a riempire tutto lo spazio disponibile. Il metodo che illustro di seguito è simile: definire prima le cose più grandi e poi andare via via più nel dettaglio, a seconda di quanto vi sentite predisposti a pianificare.

Nonostante le controversie, la maggior parte delle storie (non sperimentali) si svolge in tre atti: un inizio, uno svolgimento e una conclusione; grossomodo secondo questo schema:

three acts

Ora, ricordiamo che questo schema è descrittivo, ovvero riassume tendenze comuni alle storie, NON prescrittivo; non è un dogma e non dovete obbedire tassativamente a questa divisione. In generale però, è buono avere in mente quali sono gli elementi necessari per l’inizio della vostra storia, gli eventi cruciali che ne costituiranno il succo e (a grandi linee) un finale che concluda la storia. Molti autori si avventurano nella scrittura anche senza avere in mente un finale, che non è il mio metodo preferito ma è comunque valido.

Nel mio caso, ad esempio, preferisco avere quattro atti: introduzione, svolgimento, finale ed epilogo, per dare più importanza non al picco di tensione ma alla descrizione del nuovo equilibrio che segue. Nulla vi impedisce di averne due o cinque, purché ognuno sia caratterizzato da elementi distinti. Ciò non significa che la struttura generale di inizio/svolgimento/fine che giace sotto questa divisione cambi; viene solo divisa in modo meno riconoscibile. Sta a voi capire se questo potenzia o indebolisce il messaggio della vostra storia.

Il secondo passo è capire quanto spazio dare a ciascuno di questi momenti: non tutti infatti devono necessariamente essere di uguale lunghezza. Se stiamo scrivendo un fantasy, ad esempio, servirà un inizio più corposo per introdurre il lettore ai vari elementi del vostro mondo immaginario, mentre un giallo godrà di un finale breve e a sorpresa con uno svolgimento/indagine più lungo.

Una volta che avete un’idea di massima, potete fare un elenco degli eventi cruciali che costituiscono ogni atto: nel caso dell’inizio, ad esempio, presentazione dei personaggi e dell’ambientazione, dei legami tra vari enti e degli eventi che mettono in moto la trama e portano i personaggi principali a compiere le prime scelte. Nel finale, se gli obiettivi dei personaggi principali vengono raggiunti, quali sono i rapporti finali con gli altri personaggi e qual è l’equilibrio che viene raggiunto.

Dopodiché, dividete questi punti salienti in vari capitoli, senza preoccuparvi troppo della lunghezza di ciascuno. La mia misura preferita è tra le 2000 e le 3000 parole, ma non siate troppo rigidi; l’importante è che ogni capitolo contenga eventi importanti per la storia. Per esperienza, capitoli oltre le 6000 parole tendono ad affaticare il lettore (siete caduti sicuramente anche voi nella trappola dell'”ancora un capitolo e poi vado a dormire”…), mentre capitoli più brevi di 500 parole (singole scene) possono essere tranquillamente accorpati a quello precedente o successivo.

In alcuni romanzi, può avere senso aggiungere capitoli di pausa, in cui i personaggi riposano o dialogano; questi vanno dosati con cura, poiché un eccesso di capitoli di questo tipo può risultare in un rallentamento della storia o una perdita di focus sugli elementi portanti del romanzo.

Una volta che avete individuato una divisione di massima in capitoli, ripetete lo stesso procedimento per le scene: ogni capitolo diviso in un certo numero di esse, da un minimo di una a un massimo indefinito (purché non siano troppo brevi). Questa ulteriore suddivisione può essere fatta più avanti, e a meno che non siate pianificatori seriali non è necessario avere l’intero schema delle scene prima di iniziare a scrivere.

Considerazioni aggiuntive

Avere in mente la divisione di cui sopra può richiedere alcuni accorgimenti specifici a seconda del tipo di narrazione che avete in mente per la vostra storia. Di seguito ne elenchiamo alcuni notevoli:

  • La forma narrativa del diario rende la divisione in capitoli particolarmente intuitiva: ogni capitolo corrisponde a un lasso temporale definito, o a uno stato emotivo del narratore.
  • Molto vicina a essa è la storia a episodi (o samurai story, come mi piace definirla), in cui ogni capitolo tratta eventi autoconclusivi e facilmente risolti dai personaggi principali. In questa forma, a ogni episodio corrisponde grossomodo un capitolo, e vi riuscirà molto facile determinare il numero di capitoli necessari una volta che avrete un elenco di episodi notevoli.
  • Nei casi di cast non troppo estesi, dedicare ciascun capitolo alla narrazione di uno dei personaggi principali rende più facile delineare una struttura in cui ogni protagonista racconta un lato degli eventi, o anche eventi che capitano solo a lui/lei e non agli altri personaggi. Vi troverete nella situazione in cui il fluire della storia vi porterà ad aggiungere (o togliere) capitoli per rendere equilibrate (o disequilibrate) le parti dedicate a ciascuno.
  • Un metodo particolarmente creativo è pianificare prima i capitoli con le scene e gli eventi salienti (magari partendo addirittura dal finale!) e in un secondo momento aggiungere tra di esse le scene che mostrano come gli eventi e i personaggi sono giunti a quelle salienti.
  • In ultimo, il metodo che personalmente preferisco di meno ma che molti scrittori di successo adottano, è quello sequenziale: partire da un certo numero di capitoli che descrivono la situazione iniziale, e man mano aggiungere i capitoli successivi chiedendosi “e poi cosa succede? Quali sono le conseguenze di questo?”. Questo crea una narrazione che intrattiene molto, piena di colpi di scena, ma contemporaneamente vi espone al rischio che la storia si incastri in un eterno svolgimento di cui è difficile poi scrivere una conclusione soddisfacente. Dopotutto, la domanda di cui sopra può in principio essere ripetuta all’infinito e sta a voi l’onere di capire quando fermarvi.

Siate come l’acqua

In conclusione, un ultimo consiglio fondamentale è quello di essere flessibili. Trovare o costruire il metodo più adatto a voi è sicuramente importante e vi aiuterà a semplificare di molto il processo creativo. Allo stesso tempo, storie diverse richiedono strutture diverse, così come i generi e i temi che tratteranno; dovrete essere disposti a modificare alcune cose, aggiungere o togliere o spezzare capitoli che non funzionano e rivedere la struttura se la storia risulta troppo lenta o troppo veloce.


Avete già un metodo vostro per organizzare la vostra narrazione? Parlatecene nei commenti!

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Clockwork

Fisico teorico fallito che prova a scrivere e insegnare. Sinistroverso, controverso e... mi sono perso.

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